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Ci sarà un’altra guerra nel Caucaso? Si tratta di una questione scottante su più fronti, secondo Eric Walberg, nella prima delle due parti di un’analisi sullo spettro di un conflitto in questo critico crocevia.

Con il collasso dell’Unione Sovietica il mondo si era aspettato una nuova era di pace e disarmo. Ma cosa è accaduto? Anziché diminuire, la presenza americana e della NATO in tutta l’Europa, nel Golfo Persico, Afghanistan e Asia Centrale è rapidamente aumentata, e il mondo ha sperimentato una guerra dopo l’altra: nel Caucaso, in Jugoslavia, Iraq e in Afghanistan, una più violenta e orribile della precedente. E siamo ben lontani dal vedere la fine della barbarie scatenata dai jinni anti-comunisti.

Sebbene nell’ultimo millennio sia stato un luogo arretrato e di scarsa importanza, ora il Caucaso del sud è un campo di battaglia chiave, il “fondamentale crocevia strategico nella geopolitica del 21mo secolo”, ha scritto l’analista Rick Rozoff, il punto focale di ambiziosi progetti di transito dell’energia e un corridoio militare che passa dall’Europa occidentale all’Asia orientale, controllato (o non proprio “controllato”) da Washington e Bruxelles.

In “Russia, Turchia e il Grande Gioco: cambio di schieramento” è stata descritta la nuova disposizione dei giocatori. Qui Eric Walberg prende in considerazione le implicazioni per il Vicino Oriente.

Un campo da gioco fondamentale nell’odierno Grande Gioco è la Palestina/Israele, dov’ancora è in corso un tentativo d’incontro tra le posizioni di Russia e Turchia. A differenza degli USA e di gran parte dell’Europa, entrambi i paesi hanno accettato il Rapporto Goldstone sulle atrocità commesse durante l’invasione israeliana di Gaza del dicembre 2008, in occasione della quale morirono 100 palestinesi per ogni caduto israeliano. Pur avendo importanti relazioni economiche con Israele, nessuno dei due governi è succube di Tel Aviv come lo sono invece quelli degli USA e dell’Europa.

Vizita e presidentit Dmitri Medvedev, muajin e kaluar, tregoi se Turqia dhe Rusia po intensifikojnë çdo ditë e më shumë lidhjet e tyre ekonomike dhe politike, theksoi Eric Walberg.

Për arsyet dhe qëllimet e ndryshme, Turqia ka dhënë dorëheqie nga Bashkimi Europian, duke e quajtur atë si bastion i islamofobisë dhe skllav të diktatit amerikan.

Në të kundërt me ndalimin e minareve në Zvicër dhe ndalimin e perçeve në Francë, qeveria islame e Stambollit mbështet lirinë dhe të drejtën për të mbajtur shaminë; kritikon guximshëm Izraelin dhe lidh ura të reja me Sirinë.

La visita del mese scorso del presidente russo Dimitri Medvedev in Turchia mostra che Turchia e Russia stanno rapidamente sviluppando stretti rapporti economici e politici.

La Turchia ha a tutti gli effetti rinunciato all’Unione Europea, riconoscendola come un bastione dell’islamofobia e prigioniera del diktat statunitense. Mentre la Svizzera mette al bando i minareti e la Francia si appresta a dichiarare fuorilegge il niqab, il popolare governo islamista di Istanbul si muove nella direzione opposta – supportando la libertà di indossare il velo, criticando temerariamente Israele e costruendo ponti con la Siria. Si tratta niente di meno che di un fondamentale riallineamento della politica turca verso i naturali alleati: gli Arabi …ed i Russi.

Kronologji e Ndodhive në Lindjen e Mesme për Vitin 2000-2010

Në vitin 2000 - Kryeministri izraelit Ehud Barak jep dorëheqjen, duke shënuar fundin e proçesit të paqes së Oslos, Intifada e dytë nxitur nga Ariel Sharon pasi vizitoi Tempullin e Malit me një bandë të armatosur, Mohamed Al-Dura i vrarë nga snajperi izraelit, Bashir Al-Assad, pas vdekjes së të atit Hafëzit trashëgon presidencën e Sirisë
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Canadian Eric Walberg is known worldwide as a journalist specializing in the Middle East, Central Asia and Russia. A graduate of University of Toronto and Cambridge in economics, he has been writing on East-West relations since the 1980s.

He has lived in both the Soviet Union and Russia, and then Uzbekistan, as a UN adviser, writer, translator and lecturer. Presently a writer for the foremost Cairo newspaper, Al Ahram, he is also a regular contributor to Counterpunch, Dissident Voice, Global Research, Al-Jazeerah and Turkish Weekly, and is a commentator on Voice of the Cape radio.

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