Sebbene la cosa non abbia mai fatto molto scalpore, in Marocco, 35 milioni di abitanti di cui uno su tre è disoccupato, esiste un sistema elettorale multipartitico dal 1956, anno della Dichiarazione d’indipendenza. Persino gli abitanti del Sahara Occidentale riescono ad assaporare la democrazia di Rabat, anche se qui ha un gusto più amaro.

Con lo scoppio della “primavera araba” e delle proteste organizzate dai giovani del “Movimento 20 febbraio” e dagli islamisti di Al-Adl wa Al-Ihsan, questo “corretto” sistema elettorale si è velocemente trasformato in un’importante arma a disposizione del Re. Mohammad VI ha immediatamente annunciato l’avvio di un processo di riforme costituzionali e ha promesso di rinunciare a parte del proprio potere amministrativo. Dopo il referendum di luglio, che ha registrato un’affluenza del 70% e un (sospetto) 98% di approvazioni, nel mese di settembre è stata ratificata la nuova Costituzione e solo una settimana fa si sono tenute elezioni parlamentari.



In base alla nuova Costituzione, il Re cede parte del proprio potere ad un Primo Ministro. Egli è nominato dal monarca che, secondo gli accordi, ha il dovere di conferire questa carica al leader del partito che, durante le elezioni parlamentari, si è aggiudicato il maggior numero di seggi. A sua volta, il Primo Ministro ha il compito di eleggere alti funzionari, diplomatici e membri del governo, nonché il potere di sciogliere il Parlamento—dopo dovute consultazioni con il Consiglio Reale Ministeriale.

Nelle recenti competizioni elettorali hanno gareggiato 30 partiti politici; tra i favoriti il Partito degli islamici moderati di Giustizia e Sviluppo, la Coalizione per la Democrazia (composta da otto partiti pro-monarchia) e Koutla, nata dall’unione tra Istiqlal, Unione Socialista delle forze popolari e Partito per il Progresso e il Socialismo, e guidata dal Primo Ministro Abbas El-Fassi, già leader di Istiqlal.

La Majlis Al-Nuwab (il Parlamento) è costituito da 395 deputati, 350 dei quali eletti tramite liste partitiche e 90 tramite una lista su base nazionale riservata per i due terzi a donne e per il rimanente terzo a uomini al di sotto dei 40 anni. Il Partito di Giustizia e Sviluppo ha conquistato 107 seggi su 395, facendo sì che il proprio leader, Abdelillah Benkirane, fosse designato Primo Ministro.

Nonostante l’affluenza (del 45%) sia stata superiore a quella delle discutibili elezioni del 2007, numerose sono state le critiche relative al sistema di registrazione, il quale ha determinato l’esclusione dai registri elettorali di un terzo degli aventi diritto al voto. Un significativo 20% delle schede è stato composto da schede nulle, indicanti un forte voto di protesta.

Le analogie tra la situazione marocchina e quella egiziana di transizione alla democrazia sono forti: in entrambi i Paesi, i movimenti giovanili hanno mosso dure critiche in merito alle rispettive elezioni, considerate “specchietti per le allodole”, un espediente che lascerebbe il potere reale (potere di veto in ambito legislativo, nomine governative, controllo del sistema di sicurezza nazionale) nelle mani del Re, nel caso marocchino, e dell’esercito, nel caso egiziano. Molti giovani hanno così optato per il boicottaggio delle elezioni, continuando a chiedere il passaggio del potere nelle mani di un governo civile. A differenza di quanto accaduto in Egitto, in Marocco il Partito islamista Al-Adl Wa Al-Ihsan si è unito alla protesta dei giovani laici boicottando le elezioni.

Questa l’attuale distribuzione dei seggi: Partito di Giustizia e Sviluppo (107), Partito Istiqlal (60), Unione nazionale degli indipendenti (52), Partito di Autenticità e Modernità (47), Unione Socialista delle Forze Popolari (39), Movimento Popolare (32), Unione Costituzionale (23), Partito per il Progresso e il Socialismo (18), Partito Laburista (4), altri partiti (13).

Gira voce che il Partito di Giustizia e Sviluppo, che ha promesso il dimezzamento della povertà e l’innalzamento del 50% dei salari minimi, formerà una coalizione di governo con l’Alleanza nazional-socialista di sinistra Koutla.

http://www.eurasia-rivista.org/in-marocco-il-nuovo-premier-e-un-fratello-musulmano/12579/

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Canadian Eric Walberg is known worldwide as a journalist specializing in the Middle East, Central Asia and Russia. A graduate of University of Toronto and Cambridge in economics, he has been writing on East-West relations since the 1980s.

He has lived in both the Soviet Union and Russia, and then Uzbekistan, as a UN adviser, writer, translator and lecturer. Presently a writer for the foremost Cairo newspaper, Al Ahram, he is also a regular contributor to Counterpunch, Dissident Voice, Global Research, Al-Jazeerah and Turkish Weekly, and is a commentator on Voice of the Cape radio.

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